Scende da 15.000 a 5.000 euro la soglia del credito IVA da certificare per l’utilizzo in compensazione nel modello F24.
La misura, prevista dalla Manovra correttiva per combattere l’evasione fiscale, si pone come ulteriore adempimento a carico dei contribuenti, già chiamati ad inviare trimestralmente i dati relativi alle fatture emesse e ricevute e quelli delle liquidazioni periodiche effettuate, oggetto di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate. Perché abbassare la soglia del credito IVA che scaturisce dalla dichiarazione, che deve essere oggetto di verifica prima di poter essere utilizzato in compensazione, se di fatto la dichiarazione IVA è stata già oggetto di preventivi controlli da parte dell’Agenzia?
Modifica al ribasso per il limite oltre il quale è necessario apporre il visto di conformità sulla dichiarazione per poter utilizzare il credito IVA in compensazione. È una delle misure previste dalla Manovra correttiva finalizzate a combattere l’evasione fiscale.
Quando è necessario il visto di conformità
La previsione dell’apposizione di visto di conformità per utilizzare in compensazione i crediti IVA trova la sua origine nell’art. 10, D.L. n. 78/2009, ed è stata modificata dal D.L. n. 16/2012.
I crediti IVA possono essere compensati, con modello F24:
- fino a 5.000 euro, senza limitazioni, dal primo giorno dell’anno successivo alla loro maturazione, senza dover attendere la presentazione della dichiarazione annuale dalla quale il credito emerge;
- per un importo superiore a 5.000 euro ma inferiore a 15.000 euro, solo a decorrere dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale (16 marzo) o dell’istanza trimestrale (modello TR);
- per un importo superiore a 15.000 euro, solo dopo la presentazione della dichiarazione annuale dalla quale emerge il credito, sulla quale sia apposto il visto di conformità.
Deputati all’apposizione del visto di conformità sono i soggetti i professionisti iscritti all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, i consulenti del lavoro, i centri di assistenza fiscale; alternativamente, la dichiarazione potrà essere sottoscritta dai soggetti ai quali è demandata la revisione legale dei conti (ad esempio, le società di revisione).
Intervenendo in materia, l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 1/E del 2010, aveva chiarito che le limitazioni alla compensazione dei crediti si rendono operative soltanto dalla compensazione effettiva di ammontare superiore a 15.000 euro; fino a tale importo, di conseguenza, l’utilizzo degli stessi crediti dovrebbe essere libero, anche se, successivamente, il contribuente compenserà ulteriori somme che gli faranno superare la soglia.
Nella circolare n. 12/E del 2010 l’Agenzia ha aggiunto che non sono subordinate all’apposizione del visto di conformità le compensazioni “verticali” o “interne”, anche se di ammontare superiore alla soglia di 15.000 euro, ossia quelle compensazioni operate a valere sul medesimo tributo, e ciò anche nel caso le stesse siano effettuate mediante presentazione del modello F24.
Cosa prevede la Manovra correttiva
Con la Manovra correttiva vengono introdotte norme più stringenti volte a contrastare gli indebiti utilizzi in compensazione dei crediti di imposta. In particolare, viene ridotto - dagli attuali 15.000 euro a 5.000 euro - il limite al di sopra del quale i crediti di imposta possono essere usati in compensazione solo attraverso l’apposizione del visto di conformità del professionista (o sottoscrizione alternativa del revisore legale) sulla dichiarazione da cui emergono.
Se le compensazioni sono effettuare senza il visto di conformità o senza la sottoscrizione alternativa, oppure se questi sono stati apposti da soggetti non abilitati, si procede al recupero dei crediti usati in difformità dalle regole, oltre al recupero degli interessi e alla irrogazione di sanzioni.
In tal caso, l’Agenzia richiede il versamento dell’importo del credito utilizzato in compensazione, nonché la relativa sanzione (che si presume sia pari al 30% del credito usato in eccesso rispetto alla misura consentita).
Non occorre invece apporre il visto nel caso di richieste di compensazioni IVA trimestrali (modello TR).
Come si concilia con lo spesometro trimestrale?
Se la ratio sottesa a tale previsione è quella di combattere l’evasione IVA, non appare però chiaro a chi scrive come la stessa si concili con la previsione del c.d. spesometro trimestrale e dell’invio dei dati delle liquidazioni periodiche IVA effettuate anch’esse trimestrali.
In altri termini, nella relazione di accompagnamento al D.L. n. 193/2016 si legge che la finalità sottesa alla sostituzione dello spesometro annuale con quello trimestrale e alla previsione dell’invio trimestrale dei dati relativi alle liquidazioni periodiche effettuate è quella di dissuadere i contribuenti dal porre in essere eventuali fenomeni fraudolenti. Infatti a seguito dell’invio di tali dati, l’Agenzia delle Entrate, dopo aver provveduto al loro controllo, invia l’esito della verifica al contribuente.
Di conseguenza, il contribuente che - a seguito di queste verifiche - decida di adeguarsi alle osservazioni formulate dall’Agenzia, se sussistenti, andrebbe a presentare (entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello cui si riferiscono i dati inviati) una dichiarazione IVA il cui contenuto di fatto è già stato oggetto di un controllo preventivo da parte dell’erario.
Di conseguenza, non si comprende la ragione dell’abbassamento della soglia del credito IVA scaturente dalla dichiarazione stessa, che deve essere oggetto di verifica prima di poter essere utilizzato in compensazione nel modello F24.
Di fatto, se l’Agenzia ha già effettuato i suoi controlli, non dovrebbe essere necessario procedere ad un’ulteriore verifica. Non solo: in termini operativi la riduzione da 15.000 a 5.000 euro del credito IVA da certificare determina un ulteriore aggravio di spese per le imprese. Un aggravio che potrebbe rappresentare un deterrente all’utilizzo del credito, se si considera che la sua certificazione potrebbe essere antieconomica rispetto al beneficio fiscale che il contribuente potrebbe ottenere dall’utilizzo in compensazione dello stesso.
In un contesto caratterizzato da una serie di misure fiscali finalizzate a combattere e ridurre l’evasione IVA, anche in considerazione del significativo GAP di evasione del tributo che l’Italia presenta rispetto agli altri Paesi dell’UE, il legislatore dovrebbe forse cercare di calibrare i suoi interventi, ponderandoli con le esigenze aziendali e, soprattutto, armonizzandoli con le misure di lotta all’evasione già in essere.
Fonte: IPSOA
http://www.ipsoa.it