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L’improvvisa e totale abrogazione della disciplina del lavoro accessorio ha determinato un vuoto normativo per quel che riguarda la possibilità, per privati, professionisti e imprese, di gestire efficacemente le esigenze di prestazioni di lavoro saltuarie o comunque caratterizzate da ampia flessibilità.

In attesa che siano resi disponibili nuovi strumenti ad hoc, i datori di lavoro sono obbligati a cercare, tra le tipologie contrattuali ad oggi disponibili, le soluzioni più confacenti all’attività svolta e più vantaggiose secondo una valutazione costo/beneficio. Quali sono le forme contrattuali attualmente utilizzabili? Quali le più convenienti?

Dal 17 marzo 2017 è stata abrogata l’intera disciplina del lavoro accessorio. Il decreto legge n. 25 del 2017 prevede una fase transitoria nel corso della quale sarà possibile continuare ad utilizzare i voucher già acquistati fino all’entrata in vigore del decreto legge stesso (17 marzo 2017).
- Voucher nel regime transitorio: quale normativa applicare?
L’intenzione dichiarata dal Governo è quella di definire un tempi brevi uno strumento serio di regolazione del lavoro saltuario ed occasionale, improntato, anche in linea con quanto accade negli altri Paesi europei, all’adozione di soluzioni moderne ed efficienti, da individuare in collaborazione con le parti sociali.
Ma intanto vediamo quali sono gli strumenti contrattuali ad oggi adottabili che possono venire incontro alle esigenze dei datori di lavoro.

Il contratto di lavoro a chiamata
Il contratto di lavoro intermittente può costituire una buona alternativa al lavoro accessorio, in grado di rispondere ad esigenze che per certi versi risultano essere analoghe a quelle sino a ieri gestite con i voucher. Infatti, tale tipologia contrattuale consente di “chiamare al lavoro” e retribuire il lavoratore unicamente nei giorni e nelle ore in cui si rende necessaria la prestazione.
Caratteristica principale del lavoro intermittente è l'alternanza di fasi in cui vi è effettiva prestazione di lavoro e fasi caratterizzate dalla semplice attesa della chiamata da parte del datore di lavoro (c.d. disponibilità).
Il datore di lavoro, nel richiedere la prestazione lavorativa, è tenuto a rispettare comunque il preavviso indicato nel contratto di lavoro, comunque pari ad almeno un giorno.
Il nostro ordinamento contempla due tipologie di contratto di lavoro intermittente:
- con garanzia di disponibilità: il lavoratore si obbliga a restare a disposizione del datore di lavoro per effettuare prestazioni lavorative quando richieste. In cambio del vincolo di disponibilità assunto egli riceve una indennità di disponibilità;
- lavoro intermittente senza obbligo di disponibilità: il prestatore non si impegna contrattualmente ad accettare la chiamata del datore di lavoro e ha diritto solo la retribuzione per il lavoro eventualmente prestato.
Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso:
- per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno;
- in ogni caso con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età.
N.B. Con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore, con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di 3 anni solari.
Il committente è tenuto, prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, a comunicarne la durata alla sede dell’Ispettorato del lavoro competente per territorio inviando il modello “UNI Intermittente”:
- all'indirizzo Pec Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.;
- tramite il servizio informatico reso disponibile sul portale Cliclavoro;
- inviando un sms al numero 339-9942256 (per le prestazioni che hanno inizio non oltre le 12 ore dal momento della comunicazione, avendo cura di indicare almeno il codice fiscale del lavoratore utilizzato).
La violazione di tale obbligo di comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400, non diffidabile, in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.

Il part-time flessibile
Con il Jobs Act il legislatore ha previsto degli strumenti finalizzati a garantire una maggiore flessibilità della prestazione lavorativa anche con riferimento al contratto di lavoro part-time: si tratta delle cd. clausole elastiche.
Nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, infatti, concordare, per iscritto, la possibilità di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa ovvero la sua durata. In alternativa, le clausole possono essere pattuite per iscritto dalle parti dinanzi alle commissioni di certificazione.
Il datore di lavoro, con un preavviso di almeno 2 giorni lavorativi, può modificare la collocazione temporale della prestazione e variarne in aumento la durata, nonché la misura massima dell'aumento, per non più del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale dedotta in contratto. Le modifiche dell'orario comportano il diritto del lavoratore ad una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell'incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
La principale differenza rispetto al lavoro intermittente è individuabile nel fatto che il lavoratore ha la sicurezza di svolgere la prestazione e di ricevere la retribuzione, mentre nel lavoro a chiamata è per definizione incerto lo stesso svolgimento della prestazione lavorativa, rimesso alla assoluta discrezionalità del datore di lavoro che, pur avendo proceduto all’assunzione, potrebbe anche non chiamare affatto il lavoratore.
Inoltre, in un’ottica di analisi costi/benefici, va considerato che al lavoro a tempo parziale sono applicabili, seppure in proporzione, tutti gli sgravi e le agevolazioni fiscali (anzi addirittura il bonus giovani genitori è riconosciuto in misura piena), mentre così non è per il lavoro intermittente.

La collaborazione con partita IVA
L’art. 2222 del Codice Civile detta la definizione di contratto d'opera individuando quale lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere, dietro un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.
Parliamo dunque di una collaborazione che non si sostanzia in un vero e proprio rapporto di lavoro e che proprio per questo non è attuabile in tutti i settori e per tutte le esigenze dell’attività aziendale: tanto più se si considera che sovente proprio su queste fattispecie si concentra l’attenzione del personale ispettivo.
A fare la differenza è proprio la mancanza del vincolo della subordinazione, rappresentato dall'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro.
I principali indicatori di genuinità di un contratto di lavoro autonomo vanno individuati nelle modalità di svolgimento della prestazione e nell'assunzione del rischio da parte del prestatore, il quale in caso di mancato raggiungimento del risultato, con la mancata produzione dell'opera o del servizio richiesti, non d diritto ad alcun compenso pattuito.
La prassi ha nel tempo riconosciuto ulteriori indicatori sussidiari, quali:
- l'esecuzione o meno del lavoro con mezzi del datore di lavoro;
- l'osservanza di un orario prestabilito di lavoro;
- il pagamento della retribuzione a scadenze fisse.

La collaborazione occasionale
lI lavoro autonomo occasionale, invece, è caratterizzato dalla mancanza di coordinamento, poiché l’attività non è svolta all’interno dell’azienda nè nell’ambito del ciclo produttivo del committente e dalla non abitualità della prestazione svolta, che dovrà rimanere entro i limiti di 30 giorni l’anno di prestazione effettiva e di 5.000 euro di compenso annuo.
Al compenso erogato deve essere applicata una ritenuta d’acconto del 20% all’atto della percezione del compenso. L’attività occasionale può essere esercitata senza l’apertura della partita Iva e senza l’obbligo di tenuta di libri e registri contabili.

Fonte: IPSOA
http://www.ipsoa.it