I buoni pasto sono utilizzati anche qualora l'orario di lavoro non prevede una pausa pranzo
Cambiano le regole in materia di buoni pasto sia per i lavoratori con contratto di lavoro subordinato che per i collaboratori. Tra le novità: l'ampliamento degli esercizi convenzionati, ossia il servizio può essere erogato anche nell'ambito dell'attività di agriturismo e di ittiturismo, e la possibilità di cumulo di più ticket fino ad un massimo di otto. I buoni pasto sono utilizzati anche qualora l'orario di lavoro non prevede una pausa pranzo. Quali le altre novità in vigore dal 9 settembre?
Il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 7 giugno 2017, n. 122, pubblicato nella G.U. 10 agosto 2017, n. 186 ed in vigore decorsi trenta giorni dalla pubblicazione, introduce diverse novità destinate ad ampliare l’utilizzo dei buoni pasto, strumento che consente di fruire di importanti agevolazioni fiscali e contributive.
Quadro normativo
Il provvedimento è stato adottato in virtù del richiamo dell'articolo 144, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 in materia di appalti pubblici ai fini della individuazione degli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili.
Anche se il decreto prende le mosse dal codice degli appalti pubblici, si applica in tutti i settori.
Assume di conseguenza particolare importanza per l’ampia platea di destinatari dei servizi sostitutivi di mensa i quali, per effetto di quanto previsto dall’articolo 51, comma 2, lettera c) del TUIR, non concorrono a determinare la base imponibile ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente fino all'importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica.
Esenzione fiscale che si estende anche ai fini contributivi per effetto dell’armonizzazione delle basi imponibili ai sensi dell’articolo 6 del D. Lgs. n. 314/1997.
Esercizi presso i quali è possibile utilizzare i ticket
E’ possibile spendere il buono pasto per la richiesta della erogazione del servizio sostitutivo di mensa presso i soggetti che svolgono:
a) attività di somministrazione di alimenti e bevande ai sensi della legge 25 agosto 1991, n. 287;
b) attività di mensa aziendale ed interaziendale;
c) vendita al dettaglio, sia in sede fissa che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114;
d) vendita al dettaglio nei locali di produzione e nei locali attigui dei prodotti alimentari previa iscrizione all'Albo artigiani ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443;
e) vendita al dettaglio e la vendita per il consumo sul posto dei prodotti provenienti dai propri fondi effettuata, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 8-bis, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, dagli imprenditori agricoli, dai coltivatori diretti e dalle società semplici esercenti l'attività agricola, iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile;
f) nell'ambito dell'attività di agriturismo di cui alla legge 20 febbraio 2006, n. 96, la somministrazione di pasti e bevande, costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, presso la propria azienda;
g) nell'ambito dell'attività di ittiturismo, la somministrazione di pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall'attività di pesca, ai sensi dell'articolo 12, comma 1, della legge 20 febbraio 2006, n. 96, da parte di imprenditori ittici;
h) vendita al dettaglio dei prodotti alimentari, anche trasformati, nei locali adiacenti a quelli di produzione nel caso di soggetti esercenti l'attività di produzione industriale.
L’articolo 3 del decreto puntualizza che il servizio deve essere erogato dai soggetti legittimati ad esercitare l’attività prevista, con conseguente rischio nel caso in cui l’attività fosse svolta in mancanza delle prescritte autorizzazioni.
Tuttavia si tratta di un problema di fatto di limitata rilevanza, posto che in genere le società di emissione dei buoni pasto, ai fini della stipula delle convenzioni, richiedono idonea certificazione delle camere di commercio nelle quali risulta se il soggetto abbia o meno denunciato l’inizio dell’attività e dunque risulti in possesso dei requisiti previsti, compresi quelli igienico sanitari prescritti dalla normativa vigente.
Utilizzo da parte dei lavoratori
I buoni pasto possono essere utilizzati sia dai lavoratori con contratto di lavoro subordinato che quelli con rapporto di collaborazione non subordinato. Non assume rilevanza l’orario di lavoro e quindi potrà essere utilizzato anche nel caso di contratto a tempo parziale.
Non è necessario neanche che sia prevista una pausa per la consumazione del pasto.
In definitiva, quello che consente la erogazione del buono pasto è la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione.
Il buono non è cedibile in quanto l’utilizzo è possibile per il solo titolare il quale non potrà richiederne la conversione in denaro. Non è neanche possibile il frazionamento in quanto è previsto che il titolare ha diritto di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto, ed inoltre che l’utilizzo è possibile esclusivamente per l'intero valore facciale. E’ invece consentito il cumulo di più buoni fino ad un massimo di otto.
Indicazioni sui buoni pasto cartacei e elettronici
Il decreto prevede altresì i contenuti che debbono avere i buoni pasto in forma cartacea o elettronica.
Buoni cartacei
· codice fiscale o ragione sociale del datore di lavoro;
· ragione sociale e codice fiscale della società di emissione;
· valore facciale espresso in valuta corrente;
· termine temporale di utilizzo;
· uno spazio riservato alla apposizione della data di utilizzo, della firma del titolare e del timbro dell'esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato;
· dicitura «Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare».
Buoni elettronici
· le indicazioni previste per i buoni cartacei sono associate elettronicamente ai medesimi in fase di memorizzazione sul relativo carnet elettronico;
· la data di utilizzo del buono pasto e i dati identificativi dell'esercizio convenzionato presso il quale il medesimo è utilizzato sono associati elettronicamente al buono pasto in fase di utilizzo;
· l'obbligo di firma del titolare del buono pasto è assolto associando, nei dati del buono pasto memorizzati sul relativo supporto informatico, un numero o un codice identificativo riconducibile al titolare stesso;
· la dicitura «Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare» è riportata elettronicamente.
Accordo tra società emittente ed esercizio convenzionato
L’articolo 5 del decreto fissa i contenuti che debbono essere previsti negli accordi tra società emittenti i buoni pasto ed esercizi convenzionati presso i quali sarà possibile procedere all’utilizzo. La previsione della norma parte dal presupposto che gli esercizi convenzionati costituiscono parte contrattuale debole e pertanto individua tutele per prevenire possibili abusi. Per tale motivo è previsto che gli accordi debbono essere stipulati ed eventualmente modificati, con specifica accettazione delle parti, esclusivamente in forma scritta, a pena di nullità.
Nell’accordo deve essere indicata la data entro la quale l’esercente che riceve il buono pasto potrà richiederne il pagamento alla società emittente che, comunque, non può essere inferiore a sei mesi dalla data di scadenza del buono pasto.
Per quanto concerne i termini di pagamento delle fatture si applicano le disposizioni del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, come modificato dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192.
Sostanzialmente i termini dovrebbero essere di regola di 30 giorni, salvo diverso accordo tra le parti.
Comunque, termini superiori ai 60 giorni, ai sensi dell’art. 4 comma 3 del citato D. Lgs. 231/2002, sono consentiti qualora non siano considerabili gravemente iniqui per il creditore.
Fonte: IPSOA
http://www.ipsoa.it